Di tablet e privacy

Leggo che Windows RT (la versione per ARM di Windows 8, quella che gira su Surface, per intenderci) prevede account utente multipli sullo stesso tablet.

La considerazione più ovvia che mi solletica il lobo temporale è: iOS, Android, cosa stiamo aspettando?

Uno smartphone è un dispositivo che la maggior parte di noi ritiene personale: di solito, se il telefono di un amico giace desolato su un tavolo, non ci viene in mente di prenderlo ed iniziare ad usarlo. Questo vale anche se l’amico precisa: “Non ho niente da nascondere!”.

Neppure io ho niente da nascondere, ma… se qualcuno dei miei contatti avesse qualcosa da nascondere? Se il nipote del mio idraulico, avido commentatore dei miei status su Facebook, avesse scelto il sabato pomeriggio per rivelarmi via messaggistica che la sua perversione sessuale preferita è mangiare broccoli vestito da coniglio? E se il sabato pomeriggio il mio telefono ce l’avesse in mano l’idraulico, e la comparsa di un vistoso popup contenente la rivelazione turbasse la sua visione del mondo?

Appare chiaro che l’argomentazione del “non ho niente da nascondere” è un po’ debole, a meno che non la si voglia estendere a tutte le persone con cui si hanno giornalmente relazioni private. Estenderla senza il loro consenso, tra l’altro.

Un tablet non è, però, uno smartphone; il tablet, per sua natura, se ne sta a dormire su un tavolo, non sussurra cose nella tasca di qualcuno. Ed è ragionevole che chiunque passi davanti al tavolo, sia esso un membro del nucleo familiare o il sopracitato idraulico con nipoti pervertiti, lo prenda in mano e cerchi su internet i sintomi della malattia mortale appena contratta.

Non sarebbe neppure necessario scomodare password, crittografia forte, riconoscimento facciale o labiale o ditale o alitare. Una semplice schermata di blocco con i nomignoli di tutti gli utenti, ciascuno corredato da foto del faccione, ed un’icona amichevole per gli ospiti sortirebbe l’effetto desiderato.

Il motivo è puramente psicologico: prendo il tablet in mano, lo sblocco e, mentre controllo se l’ingrossamento del pollicione è contagioso, la ragazza di mio fratello gli invia una foto a luci carminio tramite Facebook Messenger. Io raccolgo a fatica la mia mascella. Non è mica colpa mia, è lei che manda ‘ste foto così a bruciapelo…

Ma se prendo in mano il tablet, appaiono i faccioni e pigio il faccione di mio fratello… poi se vedo la foto zozza è colpa mia. Ergo, potendo scegliere pigerò sempre il mio faccione, e saremo tutti contenti.

lo stesso vale per l’ospite: usare l’account di qualcun altro equivale a dirigersi verso il bagno, in casa altrui, senza chiedere il permesso e senza sincerarsi che non ci sia nessuno dentro. Pochi di noi lo farebbero, anche se non ci fossero chiavi nella serratura… o meglio, soprattutto in assenza di chiavi. Eppure i tablet, per come sono adesso, sono come monolocali in cui i servizi igienici sono proprio davanti all’ingresso e bisogna scavalcarli per potersi sedere in salotto.

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