La pagina dell'oracolo

Massimiliano Maletta

Gantroph

Gantroph

Gli è stato raccontato dai monaci che l'hanno cresciuto che sua madre lo ha lasciato nel monastero pochi mesi dopo averlo partorito. I monaci non sanno nulla di certo su di lei, ma l'uomo che l'accompagnava narrò che fosse una sanguinaria combattente che aveva ucciso moltissimi uomini nella sua vita. Gantroph fu allevato, fin dall'infanzia all'interno del tempio di Geba dagli omonimi monaci.
I chierici di Geba, credono in una divinità, che loro chiamano Grande Madre e che sarebbe creatrice di tutte gli esseri viventi. Predicano la pace, la povertà e l'armonia con la natura. Conoscono incantesimi di cura o che concernano il regno animale e vegetale. Sono amati dalla gente, in quanto, anche se sovente meditabondi, sono per loro natura altruisti e ben disposti nei confronti di tutti, anche il più scellerato dei criminali può trovare asilo da loro. Amano la vita semplice rifuggono ogni ricchezza, oltretutto la loro sola presenza ha il potere di istigare anche l'animo del più sanguinario dei guerrieri al gergo della non violenza.
Evitano, ma non vietano, la lussuria e le altre gioie dei sensi. Sono profondi conoscitori delle culture, in tutte le loro forme, dalle più disparate ed ignote, a quelle più conosciute e le dispensano con gran generosità.
Insomma sono tremendamenti pallosi.
Gantroph appena divenne abbastanza grande per dire la frase "... che palle!" si ritrovò a doverla pronunciare sovente all'interno del monastero. I due monaci che erano stati istituiti a tutori del giovane, abituati com'erano a trattare con adepti almeno ventenni, ebbero seri problemi col bambino. Gantroph era, sin da piccolo sveglio ed intelligente ma non aveva alucn interesse ad imparare la teologia, l'arte degli amanuensi, e quasi tutto quello che il culto era solito inculcare. Fortunatamente però, mostrò fin da piccolo una notevole curiosità verso la lettura e verso la musica. In brevissimo tempo imparò a suonare la cetra, tant'è che a dieci anni era una dei migliori musici che avessero mai suonato nell'intera città di Geba. D'altronde bisogna anche dire che il suo maestro di musica, Fendol, fu l'unico che ottenne risultati significativi, in quanto Gantroph, pur costretto con ogni mezzo, fu estremamente riluttante ad imparare qualsiasi cosa di diverso dalla musica, ed anzi un paio di volte fu pescato da Fendol a leggere alcuni libri proibiti (che parlavano di duelli con toni splatterifici!).
Quando Gantroph compì 11 anni un gruppo di mercenari fu ospitato all'interno del monastero, e gli fu loro offerto il desco. Con il gergo colorito, tipico di questa categoria, durante il pranzo, sotto gli occhi di Gantroph e degli altri monaci, i mercenari fecero una descrizione molto pittoresca del loro ultimo scontro con " ... quei fottutissimi uomini rettile...", della loro lotta accanita e selvaggia, dello sventramento del leone che erano stati incaricati di catturare, il tutto condito con un paio di racconti erotici sulla focosità di una certa lady Keidam.
I monaci, pur abituati a ben altro, temettero che questi racconti potessero avere nefasta influenza sul piccolo ed in effetti non si sbagliavano. Gantroph durante tutti i giorni di permanenza dei 4 mercenari a Geba li tempestò di domande sulla loro vita standogli sempre attaccato, nonostante il disappunto dei sacerdoti.
In breve tempo Gantroph cominciò a comporre decine e decine di storie, ed a musicarle, manifestò un interesse sempre più profondo sull'uso delle armi, sulle regioni lontane, sull'arte di cavalcare etc...
Finchè una sera quando aveva 14 anni la sua reale natura finalmente e tragicamente uscì fuori. Fino ad allora nessuno aveva scoperto che egli fosse in realtà un orso mannaro, e questo era dovuto principalmente al fatto che il santuario era un gabbia dorata. Nessun bambino da picchiare, nessuno scontro diverso da quello intelletuale, nessuna situazione di panico. A volte era capitato a Gantroph di sentire dentro di sè come qualcosa che voleva uscire, ma poi, più nulla.
Invece quella sera... Gantroph era nella stanza di Gerethel un ladro famoso in tutto il Vonner, su cui era stata messa una taglia di un centinaio di monete d'oro. Gerethel gli stava raccontando della sua ultima lucrosa impresa quando, improvvisamente una grossa figura tetra fece il suo ingresso nella stanza (si trattava d'un cacciatore di taglie che era riuscito ad introdursi nel monastero di nascosto). Gerethel, si alzò dalla sedia e fece per avvicinarsi al tavolo ove teneva un coltello. L'altro fu più veloce e con un calcio rovesciò la scrivania e tutto quello che c'era sopra. Alla baluginante luce delle candele si vedeva il luccichio sinistro d'una lama nella sinistra dello sconosciuto.
Gantroph con totale incoscienza si mise in mezzo tra la punta d'acciaio ed il suo obbiettivo, ed in meno d'un secondo si ritrovò a terra sanguinante con una ferita sul costato. Ci fu una colluttazione furibonda tra il cacciatore di taglie e Gerethel. Quest'ultimo fu colpito allo stomaco da una poderosa coltellata e crollò al suolo il cacciatore di taglie stava per finirlo, ma un ruggito alle sue spalle lo distolse dal suo intento, e prima d'avere il tempo di voltarsi fu sbranato.
Gantroph ritornò sè stesso solo dopo aver infierito sul corpo della sua vittima spargendone i resti in tutta la stanza. Quando ridivenne umano trovò intorno a sè due monaci che vomitavano in un angolo della stanza ed un terzo che sorreggeva Gerethel scortandolo lontano da quella carneficina. Per Gantroph venne un periodo triste e mesto, di pianto e paura. Per molto tempo dopo questo accadimento, al monastero fecero la spola diversi cultisti provenienti da regioni lontane ed esperti in esoterismo, ma tutti sostenevano che il ragazzo non sarebbe potuto guarire. Alcuni chierici proposero anche di allontanare il ragazzo dal monastero, ma questa decisione non fu neanche presa in considerazione data la natura stessa del culto.
Gantroph comunque non fu trattato come prima, ebbe un terzo tutore a cui fu dato il compito di insegnargli le virtù dell'autocontrollo, e gli altri monaci, con l'esclusione dei suoi due tutori (Fendol e Heridian) presero l'abitudine d'evitarlo. Un'atmosfera di malcelata tensione, che mai s'era vista prima in un luogo simile, s'abbattè sulla confraternità. Quando poteva Gantroph cercava di stare il più possibile lontano dagli altri monaci. All'età di 15 anni intraprese un viaggio d'un mese per accompagnare Heridian a Massen, una città sita all'estremo confine di Rosen, ove aveva luogo in un altro convento della confraternita, un convegno teologico. Heridian che era il maggior esperto tra i monaci di Geba era obbligato a farne parte. Durante il tragitto Gantroph potè vedere tante meraviglie della natura dei luoghi, ma soprattutto della gente, che al convento gli erano state negate. In particolare lo colpirono le donne. All'interno del convento non v'era niente che assomigliasse anche lontanamente ad una donna, i monaci erano tutti uomini; ed anche le donne che occasionalmente si fermavano da loro in genere venivano isolate dai monaci in stanza piccole ed appartate nel monastero.
Quelle poche visioni fugaci che aveva avuto erano in genere guerriere amazzoni piene di cicatrici, vecchie sacerdotesse, nane barbute et similia. Invece le ragazze che vedeva ora, per lui erano qualcosa di completamente nuovo: un mondo di carni bianche e lattiginose, di seni sodi, di sorrisi angelici e di sguardi ingannatori gli si apriva dinanzi.
Heridian se ne accorse ovviamente, d'altronde il ragazzo aveva intrapreso la strada che porta alla maturità.
Il viaggio durò, tra andata e ritorno, due mesi e la permanenza a Massen una settimana, durante tutto il tragitto Gantroph fu tutt'occhi e per la prima volta da quando era entrato nel convento, l'idea di lasciarlo non gli parve così assurda.
Quando furono di ritorno a Geba, all'interno di Gantroph una convinzione sempre più profonda si faceva strada. Gantroph non era un illuso si rendeva conto che si trattava d'una scelta difficile, ma continuava ad accarezzare il progetto di lasciare il convento, ed a cercare un modo per realizzarlo. L'occasione venne un mese e tre giorni dopo il suo sedicesimo compleanno. Tre avventurieri di ritorno dopo più di sei mesi di peregrinazioni, in cui il loro organico era stato più che dimezzato giunsero a Geba e chiesero asilo all'interno del convento. Si trattava di due uomini, uno dei quali senza un braccio ed un'elfa, a sua detta, un'incantatrice.
L'elfa di nome Felenda colpì subito gli occhi ed il cuore di Gantroph, poichè era d'una bellezza selvaggia ed animalesca, aveva vissuto quasi tutta la sua esistenza nei boschi e non conosceva alcuna abitudine del vivere civile, pur avendo una cultura vasta e versatile.
Come una vetusta sequoia, memore di storie antichissime che neanche gli uomini più saggi possono ricordare, ma al tempo stesso sempre ancorata alla terra come ad una realtà dalla quale non si può allontanare.
Felenda aveva quasi 175 anni, ma a lui parve poco più che un'adolescente, allora egli non sapeva ancora nulla delle razze che popolano le terre emerse. Felenda, come tutti gli animali, aveva ben poco senso del pudore, se ne andava spesso in giro vestita con molto poco ed in questo stato, si intratteneva a discutere con i monaci sulla natura della magia, causandone l'imbarazzo.
Gantroph compose numerose serenate per lei ed in più d'un occasione gliele cantò, manifestandole, nell'unica maniera che conosceva, i suoi sentimenti. Oltre allo scompiglio che queste manifestazioni causarono da parte degli educatori del ragazzo, Felenda disse al giovane, senza mezzi termini, che era ancora troppo piccolo, che lei aveva 175 anni di vita alle spalle e che, pur non avendo alcun compagno, sarebbe dovuta tornare ben presto tra i suoi simili per molti anni umani, e quando si sarebbero rivisti lui sarebbe stato un vecchio.
Gantroph, che pure s'era atteso una certa differenza d'età, non aveva previsto ben 159 anni! Eppure non si perse d'animo dicendole che la sua massima aspirazione era accompagnarla in questo viaggio e starle solo vicino per quanto più tempo la sua breve vita gli concedesse. Felenda non s'oppose. Nonostante i monaci cercassero di far ravvedere il giovane sulla sua decisione ed avvisassero l'elfa del pericolo che Gantroph costituiva ella non ebbe alcuna obiezione nel portarlo con sè durante il lungo viaggio che la aspettava.
Dopo undici giorni di permanenza Gantroph e Felenda uscirono dalla porta del monastero. Gantroph salutò tutti i monaci giurando che un giorno sarebbe tornato.
Felenda era nata ed aveva vissuto nella foresta di Durail Thor. Da quì all'età di 165 anni assieme ad un gruppo di amici, ed alcuni mercenari s'era imbarcata in una pericolosa ricerca delle vesti di Durail, trafugate dalla selva. Dopo un lunghissimo viaggio della durata di dieci anni nella Soker Coast, e poi da quì, secondo una pista evanescente a Rosen, a Vonner, a Covental nel Norfolk ... Il loro intero gruppo era stato decimato e lei era rimasta sola con un pugno di mercenari, che oramai stanchi del lungo peregrinare s'erano decisi a ritornare sui loro passi. Così dal Norfolk avevano raggiunto la prima città all'interno dei confini di Rosen dove trovare asilo; e questa città era Geba.
Felenda, a questo punto, avendo fallito su tutta la linea, si preparava a tornare da sola nei suoi boschi per comunicare l'informazione agli elfi, ed in questo frangente la compagnia d'un estraneo, anche d'un ragazzo, che fra l'altro aveva capacità da non sottovalutare, non poteva non essergli gradita.
Il viaggio cominciò come tutti i percorsi che si compiono nella vita, con tanta speranza e tanta strada.
Ben presto Gantroph affrontò tutte le difficoltà che il viaggio gli serbava, ma non perse mai il suo entusiasmo, che in qualche modo riuscì a trasmettere anche a Felenda.
Durante il tragitto, Gantroph compose moltissime liriche ed in breve tempo, viaggiando attraverso gli stati del Fasseril grazie alla sua abilità divenne molto noto, quando raggiunse i territori del Kossor venne anche invitato ad un breve permanenza nella reggia e nelle sua tasche entrarono parecchi quattrini. Durante la permanenza alla reggia, un piccolo diverbio durante un banchetto con un cavaliere totalmente ubriaco, fece uscire fuori la sua reale natura, e solo l'intervento del mago di corte evitò l'irreparabile. Fu cortesemente invitato a lasciare il palazzo e da allora la sua reale natura passò sulla bocca di tutti.
Mentre le loro peregrinazioni, stavano giungendo al termine Felenda s'era ormai affezionata a quel ragazzo amichevole ed un po' ingenuo che l'aveva accompagnata per quei sette mesi. Le sue musiche, le sue canzoni, la primavera che portava con sè le avevano fatto dimenticare che lei tornava da una triste sconfitta per tutta la sua famiglia. Raggiunsero la foresta elfica una settimana dopo il 176° compleanno di Felenda, e intrapresero un lungo tragitto verso il cuore di quella creatura verde, dove la comunità degli elfi era radunata.
Dopo pochi giorni fu raggiunto il loro obbiettivo, e Gantroph poté vedere tutto lo splendore della comunità arboricola degli elfi, delle loro gradevoli sembianze e della loro magia.
Felenda presentò il giovane alla comunità che lo accolse con un po' di sospetto per il semplice fatto che era umano. Durante i primi due mesi che Gantroph passò all'interno della città, vide solo raramente l'elfa che era impegnata nel fare un resoconto, il più possibile dettagliato, della sua trascorsa missione e dei motivi che l'avevano spinta a farsi accompagnare dal ragazzo.
Il consiglio elfico si riunì per stabilire se era il caso di continuare la ricerca delle vesti del loro antico capo partendo solo dalle scarse tracce che erano state raccolte da Felenda, e questo richiese un altro mese durante il quale Gantroph compì 17 anni.
Il consiglio stabilì di lasciar perdere la missione e di cercare di recepire il più possibile informazioni prima di dare inizio ad un'altra impresa dall'esito disastroso. A Felenda fu chiesto di restare nella comunità per 5 anni onde affinare la sua conoscenza della magia, in previsione di riutilizzare le sue conoscenze per una seconda ricerca.
Gantroph non si sarebbe potuto inserire a pieno tra gli elfi, se non avesse passato la maggioranza della sua permanenza suonando. La sua musica attirò in breve tempo moltissimi ascoltatori tra quella tribù selvaggia ma sensibile alla bellezza delle note. La sua arte e la sua abilità furono apprezzate ed invidiate dagli elfi, fra cui pure v'erano ottimi suonatori. Così la sua permanenza tra di loro poté durare, nonostante tutto, per ben cinque anni. Ovvero lo stesso periodo di permanenza tra il suo clan di Felenda. In questo lasso di tempo Gantroph riuscì a far innamorare di sè Felenda e cominciarono a vivere insieme, anche se il consiglio non vedeva di buon occhio questa unione, non vi si oppose.
Furono anni molto felici per Gantroph, che dimenticò completamente, il convento e tutto il suo passato come se esso fosse stato spazzato via dalla nuova felicità che lo animava.
Fu allo scadere del quinto anno, quando ormai Gantroph era un uomo (22anni), che il consiglio, avendo raccolto nuove informazioni, a quanto pare decisive, sulla locazione delle vesti del loro antico capo; si decise ad organizzare una seconda spedizione. Felenda avrebbe dovuto parteciparvi in quanto la sua prima lunga ricerca le aveva dato, a loro detta, una fruttuosa esperienza, che sarebbe stata insostituibile.
Gantroph essendo umano, non solo non potè seguirla, ma non potè neanche sapere dov'era diretta l'elfa in quanto ciò avrebbe significato mettere, nelle mani d'un uomo, la notizia della locazione dell'armatura. A nulla servirono le implorazioni del ragazzo sia nei confronti di Felenda, per non farla partire, sia nei confronti del consiglio, perchè acconsentisse che lui l'accompagnasse.
Felenda disse a Gantroph di dimenticarla, perchè questa volta il viaggio sarebbe durato moltissimo. Forse molto più della durata d'una vita umana, e sarebbe stato meglio per tutti se lui si fosse rassegnato.
Tutta la rabbia e la frustrazione di Gantroph si manifestarono una notte di primavera, due giorni prima della partenza di Fendela, quando, mentre piangeva, il suo lato animalesco uscì fuori nella maniera più terribile. Nella sua forma orsina Gantroph spaventò tutti gli abitanti inducendo in loro un vero e proprio terrore.
Tutta la comunità si dovette prodigare per fermare la bestia che si stava scatenando e, solo l'avvento dell'alba e di Fendela, riuscirono a riportare alla forma umana Gantroph. Questa manifestazione così violenta della sua natura portò il consiglio alla decisione d'allontanare l'umano dalla foresta, finchè Fendela non fosse tornata dal suo viaggio. Gantroph, che comunque non aveva intenzione di restare nella foresta senza di lei, non si oppose alla disposizione e la mattina stessa partì diretto verso Ovest.
Non prima però d'aver promesso a Fendela che, ogni 6 anni esatti lui si sarebbe fatto trovare nel monastero dove, per la prima volta si erano visti e, se lei, per quella data, lo avesse amato ancora e fosse tornata dal suo viaggio si sarebbero potuti rivedere. Fendela gli rispose che era inutile, non sarebbe mai tornata in tempo per lui, ma Gantroph disse "Ti aspetterò finchè avrò forza per respirare."
Uscito dai boschi si incamminò fiducioso percorrendo le strade del mondo, guadagnandosi da vivere con la sua musica ed aspettando ansiosamente il ritorno della sua donna.
Il tempo passò lento e la ricerca di lei divenne una sorta d'esplorazione continua. S'imbarcò in imprese lunghe, pericolose e folli che avessero come meta territori lontani con l'unico scopo di ritrovarla. Ha accompagnato carovane di mercanti, mercenari, circensi, messaggeri, araldi e spie da Fanser fino al monastero di Carentil, passando per la Soker Coast e l'Osharsak (dove per poco non c'ha rimesso la pelle).
Basta che si viaggi e si esplorino territori mai raggiunti prima o poco noti ed è pronto a partecipare anche alla missione più assurda, per il misero compenso d'un paio di centinaia di pezzi di rame al mese. Meno d'un anno fa è ritornato al monastero e vi è stato per due mesi, ha rivisto con piacere i suoi tutori molto invecchiati ed i monaci lo hanno salutato con gioia; ma lei non c'era.
E' fiducioso, e continua a viaggiare per il mondo cantando di lei nella speranza assurda che un giorno per caso la reincroci, come per caso l'ha incontrata la prima volta.

Massimiliano Maletta