Viaggio – 24

Cammina cammina, eccomi arrivato al luna park.

La scimmia è appollaiata sulla spalla destra. Questa sera è anche loquace. Per carità, ogni tanto è divertente sentirla parlare… Purché non esageri, come fa di solito.

“Casa dei carrelli in moto”, recita l’insegna arcuata all’entrata dell’attrazione. Un nome che invoglia, non c’è che dire. Ma entro comunque, perché la grafia tremolante del cartello all’ingresso sussurra “gratis” e da sempre sono vulnerabile a certe seduzioni sofisticate.

Su ogni carrello c’è spazio per parecchi passeggeri, ma mi sento solitario: siamo già in due, io e la scimmia, e la scimmia genera da sola più baraonda di un’intera scolaresca in viaggio d’istruzione. O viaggio-distruzione, ho preso parte molte volte a simili rituali ma il dubbio linguistico mi è rimasto.

Salgo sul carrello ed aspetto che si muova. Non c’è molto da vedere. Niente pupazzi animati decapitati, niente luci soffuse, solo un lungo tunnel.

«Allora? Non posso aspettare qui fino a domani!»
E’ una balla, ma suona convincente.
La scimmia mi guarda con aria severa, ed indica una fessura nella parte anteriore del carrello: un simbolo eloquente invita ad inserire gettoni.

«Eh, ma non ne ho!»
«Guardati in giro, animale.»
«Detto da una scimmia suona grottesco.»

I gettoni ci sono, pare. Fluttuano a mezz’aria. Ne raccolgo una manciata, ne inserisco uno e – meraviglia! Ma anche no – il carrello si muove. Vengo avvolto da una musica discretamente orecchiabile.

Neppure dieci metri ed il carrello rallenta, la musica cambia tono… Diventa triste. Discretamente triste.
Subito, inserisco un altro gettone. Ed un altro, ed un altro… Mi vuoto le mani, così per un po’ sono tranquillo.

Macché. L’aggeggio infernale si mette a correre come un pazzo, e la musica diventa cacofonia. Un casino, insomma. Discretamente.

«Sei proprio il genio che dici di essere! Hai capito che per mantenere il ritmo costante – e la musica discretamente orecchiabile – devi inserire continuamente gettoni. E per avere gettoni da inserire devi acchiapparli al volo. E più vai veloce, più ne prendi, ma non hai tasche dove tenerli, quindi non puoi prenderne quanti ne vuoi…»

Guardo la scimmia, e quella tace. Che creatura fastidiosa.

«Potresti aiutarmi, invece di assecondare loschi fini narrativi e ripetere a voce alta cose che abbiamo già capito.»
«No; lo sai che io mastico e parlo e basta. I gettoni raccoglili da solo. Dov’è il problema?»
«Il problema, stupida bestia, è che ogni tanto i gettoni in volo scarseggiano, e la musica diventa angoscia distillata, e non ho intenzione di trovarmi fermo nel mezzo del nulla con il mio bel carrello.»
«Ed io che c’entro? Non potevi fare come quelli là?»

Mi affianca una comitiva. Saranno in cinque, in sei…
«Vedi, genio? Sono in tanti e possono tenere nelle mani un sacco di gettoni in più!»
«Peccato che per mantenere una velocità decente, con tutto quel peso, debbano infilarne dentro alla fessura uno al secondo… Sai che vita.»
«Li inseriranno a turno.»
«In teoria. In pratica, quello magro lì davanti si sta dando da fare molto più degli altri.»
«Beh, ma si corre meno il rischio di fermarsi…»
«Dici? Guarda che i momenti di penuria di gettoni ci sono per tutti, e se il carrello è pesante e nessuno riesce a raccoglierne abbastanza…»

Perso nella conversazione con la scimmia, ho raccolto pochi gettoni. Oramai il carrello avanza con l’incedere di un carro funebre e la melodia trasuda tristezza a palate.

Vengo raggiunto da un ragazzo allegro con carrello in tinta. Mi guarda, mi squadra, sorride.
«Siamo alle solite? Vedi metafore dappertutto? E’ solo un parco giochi, filosofo!»

Io e la scimmia trasecoliamo.
«Cosa?»
Quello getta verso il mio carrello una manciata di gettoni. «Tieni, almeno acceleri e la pianti con questo strazio.»

Volevo rifiutare per questioni di orgoglio, ma la musica era un lamento. Acchiappo al volo i gettoni e l’elegia diventa una marcetta. La carne è debole, il pesce non è che sia molto più forte.

Com’è, come non è, alla fine ci si diverte anche. Mantenendo un ritmo costante la musica intrattiene.
Mi è sembrato di vedere, in lontananza, il ragazzo allegro, ma non l’ho raggiunto. Credo che il suo ritmo sia troppo sostenuto per me, mi accontento di seguirlo da distante. Quand’ecco… un carrello fermo.

Dentro c’è un uomo seduto a gambe incrociate, gli occhi chiusi.

«Quello è un genio, scimmia! Nessuno ha detto che bisogna procedere per forza, capisci? Si può semplicemente smettere di inserire gettoni, ed è fatta! Scommetto anche che la musica, rallentando, non è più triste e diventa… un suono?»
«Secondo me è un cretino.», replica lei beffarda. Ma neppure troppo. Diciamo discretamente.

Senza chiederle nulla – quando mai asseconda i miei colpi di testa? – smetto di inserire monete e rallento. Sopporto l’aberrante desolazione della melodia che si incupisce e fermo il carrello a due metri dall’asceta. La scimmia sembra assordata dalla vibrazione profonda di cui è densa l’aria. Meglio, molto meglio.

Scendo dal carrello, salgo su quello del santone. Lui apre gli occhi e mi guarda, come terrorizzato…

«Che vuoi?»
«Ho capito il tuo insegnamento, maestro! La stasi, l’equilibrio e tutto! E’ meraviglioso stare fermi qui, e guardare gli altri che passano, affannandosi ad infilar gettoni…»
«In verità, in verità ti dico: sono molto orgoglioso di te. T’è avanzato qualche gettone?»
«Ecco qui tutti quelli che mi sono rimasti!»
«Ti servono?»
«Beh, immagino di no…»
«Me li dai?»
«Tieni.»

Lo guardo incredulo mentre mi fa segno di scendere dal carrello ed inserisce i gettoni nella fessura.

Non lo si vede già più, è partito come un razzo.

Torno sul mio carrello, la scimmia mi guarda instupidita. Mormora, a fatica: «Era un cretino, no?»

Non so neppure io da quanto tempo sono fermo qui, seduto sul mio carrello, in compagnia di una scimmia che dorme. Una volta ogni cento anni il custode ferma l’impianto, smonta tutto e controlla le rotaie.

Per allora sarò già distantissimo da qui.
Per adesso, pausa.

Commenti

4 risposte a “Viaggio – 24”

  1. Avatar Imizael

    Ci sono molte cose che vorrei scrivere in risposta a questo, ma nessuna sembra davvero utile o intelligente quando poi è nero su bianco.
    Alla fine lo scopo del mio commento è di farti sapere che ho letto e che ci sto pensando su.

    O forse è più appropriato un: «Ho capito il tuo insegnamento, maestro! La stasi, l’equilibrio e tutto! E’ meraviglioso stare fermi qui, e guardare gli altri che passano, affannandosi ad infilar gettoni…»

  2. Avatar Avio
    Avio

    «Ho capito il tuo insegnamento, maestro! Una Mastercard Platinum Fondo di Gettoni Illimitato™ e’ tutto! E meraviglioso sfrecciare sui binari con cinque conigliette di playboy che sghignazzano, mentre gli altri sfilano via, affannandosi ad infilar gettoni…»

  3. Avatar oracolo

    Credo sia una maledizione diffusa: quando provi a fissare in caratteri i concetti tutto sembra poco utile, o poco intelligente. E’ sempre uno sforzo cliccare su “pubblica”, visto che pare la banalità regni comunque… ma io ho fregato tutti, ed il titolo del blog mi legittima.

    Troppo facile automatizzare tutto, Avio. Al limite io sarei per affittare manodopera a bassissimo costo nei paesi in via di sviluppo, e poi…

    (sì, sono un mostro)

  4. Avatar giulia

    Discretamente allegorico e discretamente criptico… è una questione di prospettiva, immagino, oltre che di scelta. Non so perché, mi viene in mente il famoso dialogo di Matrix: “allora ti accorgerai che non è il cucchiaio a piegarsi, ma sei tu stesso”.
    Baci!

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