Viaggio – 18

Colto dalla voglia di masticare qualcosa anch’io, accosto per procurarmi una dose appropriata di uvetta.

Strade tutte uguali, perpendicolari, con muri alti e bianchi. E ancora nevica. Scendo e cammino in direzione del dispensatore di dolcezze.

La vedo con la coda dell’occhio, stavo per passare oltre. E’ rannicchiata in terra, e mi guarda. La pelle è bianchissima, le labbra rossissime, i capelli quasi si vergognano di essere nerissimi per eccesso di superlativi. Scendono sulle spalle (i capelli, non i superlativi) e… bah, verrebbe da dire che sono liscisissimi.

Mi guarda con quei grandi occhi azzurri, e piange in silenzio. Quel che rimane di un trucco nerissimo le traccia due righe marcate sulle guance.

«Ci conosciamo?»
«Sì, ma ti vergogni di me.»
«Davvero? Giurerei di non averti mai visto…»
«Appunto. Eppure ti parlo spesso.»
«Me ne ricorderei, davvero. Sono distratto, ma non fino a questo punto.»
«Sono io a suggerirti tutte quelle cose che dimentichi non appena apri gli occhi. E tu dimentichi loro come dimentichi me. Ed io ogni volta mi illudo che… lasciamo perdere.»

E piange. Il mondo è pieno di gente che piange. Inizierò a farlo anch’io, ma dopo aver preso l’uvetta.

Intanto mi inginocchio e la guardo. Devo dire che ha qualcosa di familiare… ma come può non avere qualcosa di familiare, una con la pelle bianchissima, le labbra rossissime, i capelli nerissimi e liscissimi? Andiamo, sembra quasi…

«…un simbolo.»
«Non stavo pensando a quello» rispondo imbarazzato, cercando di capire a cosa stavo pensando.
«Forse stavi pensando a questo: una persona è una cosa tremendamente spaventosa. Riesci a gestire una cosa così pericolosa, catastrofica, commovente solo se le appiccichi un’etichetta (piccola, mi raccomando) ed interagisci solo con l’etichetta. Trascorri il tuo tempo con etichette. Quando riesci a spingerti oltre, anche per pochi minuti, lo shock è tale che ti rimangono i brividi addosso fino a sera e corri a rintanarti nella caverna.»
«…»
«Non ho finito. So anche che invidi la gente che non vive in un mondo di etichette, e che quando vuole bene parla.»
«Senti, mi stai dipingendo come un eroe tragico o come un disadattato… alzati e vieni con me. Ti offro l’uvetta ricoperta.»
«Grazie, non me l’aspettavo.»

Si alza e mi segue. A destra sparisce il muro ed appare un paesaggio urbano.
«Treni fermi nel deposito subito dopo il tramonto. Li trovo poetici. E’ grave?»
«Hai molta paura di me, vero?»
Non è il caso di mentire, dopo tutto.
«Sì. Sono terrorizzato. Non sto tremando per il freddo.»
«Lo sapevo. Ma non ti preoccupare: quando avrò la mia uvetta ti lascerò in pace. Mi dimenticherai come fai tutte le volte.»
«Ma…»
«Scusa. Volevo dire: spero non ti dispiaccia se vado, dopo aver preso l’uvetta. E’ già tardi, e devo assolutamente tornare a casa per preparare la cena.»
«Oh. No, non mi dispiace, figurati. Tra l’altro devo tornare all’auto…»

Ho l’uvetta sul cruscotto. Ne do un po’ alla scimmia, ché mastichi dolce e si tenga impegnata, e riparto.

Proprio dei bei vagoni. Tutte le sere il sole saluta, prima di uscire dai finestrini.

Commenti

3 risposte a “Viaggio – 18”

  1. Avatar g
    g

    l’oracolo allunga di una spanna, forse anche due. complimenti.

  2. Avatar Celant
    Celant

    adoro questi tuoi racconti.. nulla da dire, un capolavoro. e in più mi hai fatto venire voglia di uvetta…

  3. Avatar Mothmor

    Io sono palesemente di parte, ma “In Viaggio” mi piace davvero molto. Se mai sarò in grado di disegnare un fumetto, questa è la storia che voglio illustrare ^_^

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