Viaggio – 11

Dimentico completamente Ettore, salgo in macchina ed imbocco l’autostrada.

E’ l’autostrada dei miei sogni: solo due corsie (rettilinee), solo un auto (la mia), la attraverso di notte e non ho sonno. In più, so guidare. Non diamo troppe cose per scontate.

Dieci kilometri, e la mia auto sembra composta di una sostanza malleabile. Il volante è tutt’uno con la carrozzeria. Il mio corpo è un liquido viola, ed è percorso da onde. Sposto lo specchietto e mi ci guardo dentro. Non ho mai davvero riconosciuto il mio corpo come mio. Cambia continuamente, più velocemente delle mie abitudini. Domani sarà già diverso, dopodomani cadrà già a pezzi. Solo ieri era alto la metà e largo il doppio.

A sinistra siepi, a destra il mare. La musica calma il bruciore che mi piacerebbe provare. Con un lungo, liberatorio sospiro abbandono questa forma liquida e divento una nuvola. Non credo che l’auto sia omologata per guidatori eterei privi di occhiali.

Sto quasi per lasciarmi andare completamente, e diventare tutt’uno con il veicolo, quando noto che qualcuno è seduto sul sedile alla mia destra. Non ha forma definita né volume costante, e disturba le mie fantasie necroniriche.

«Non potresti ricomporti, per favore? Fatico a parlarti…», sussurra.

Non ho mai saputo resistere alle richieste gentili. La accontento.

«Così va meglio. Non pensi che sia il caso di accelerare? Così non arriveremo mai da nessuna parte.»
«Veramente non avevo una meta.»
«Che sciocchezza. Tutti ce l’hanno.»
«No, io no. Volevo solo disperdermi completamente nell’abitacolo, e diventare un semplice movimento eterno e rettilineo, senza il pensiero di dover badare a istinti primari di vario genere. E ci stavo riuscendo.»
«Mi sembra una meta anche questa, no?»
«Solo se amiamo i sofismi. Chi sei?»
«Sono una persona che ti sembra familiare anche se non hai mai visto, e volevo regalarti quella strana penna che per qualche motivo ti viene sempre in mente quando pensi al cortile della tua vecchia casa. Cortile che, a sua volta, ti fa pensare a…»
«Senti… non puoi dirmelo così, come se niente fosse. E’ una vita che ti cerco! Vuoi dire che tu hai una mappa dell’intero albero
«Sì, ce l’ho. Ma se vuoi leggerla insieme a me, non ti basterà dissolverti in una nuvoletta. Mi dispiace.»
«Ma non è giusto! NON E’ GIUSTO! Sembrava la cosa più semplice, più bella, più essenziale che potessi fare. Per capire l’albero, semplicemente dissolvermi nell’universo e dimenticare. Tornare al principio di tutte le cose.»
«Chi ti ha detto che avrebbe funzionato? La vita non è mai così. La vita è dolore, sforzo, coronamento, poi ancora dolore.»

Le sue parole sono talmente tristi che potrebbero essere vere. Non è stata cattiva con me, ma non posso fare a meno di tenerle il muso. Lei e la sua mappa.

Una farfalla urta il parabrezza. Sembra spacciata, poi improvvisamente se ne va con un colpo d’ali. La mia nuova compagna di viaggio sorride compiaciuta, io mastico chewing-gum all’amaro, rimuginando sulla situazione e sulla meta.

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