Tanto va la gatta al lardo, che ci lascia lo zampino
Ma perché la gatta? Se è il gatto ad andare al lardo, non ci lascia lo zampino lo stesso? Saggezza dei popoli sessista? Probabilmente sì.
Ed il lardo? Sì, probabilmente il lardo è apprezzato, ma lo stereotipo non vorrebbe il gatto ghiotto di topi, pesce o latte? Mai generalizzare, visto quanto sono schizzinosi i gatti. O forse sono sempre stato esposto allo stereotipo sbagliato, e nessuno me l’ha mai detto per non ferire la mia sensibilità.
C’è chi sostiene possa trattarsi di un refuso, propagatosi negli anni: non sarebbe “il lardo” ma “al largo”, con riferimento alla deprecabile abitudine delle gatte di spingersi oltre la boa di segnalazione nelle giornate di mare mosso, ignorando i ripetuti richiami del bagnino. Questa teoria non ha mai preso zampino, tuttavia.
Veniamo al punto cruciale: ma perché ci lascia lo zampino? Che è, esplosivo, il lardo? Una mina antigatto artigianale? Gli amanti del lardo vanno tanto al lardo, ma non ci rimettono le mani.
O si vuole forse intendere: “ci lascia l’impronta dello zampino”? Se sì, non ci vedo nulla di particolarmente nefasto; di solito i gatti non hanno come obiettivo primario quello di sfuggire a Gil Grissom, ma di riempirsi la pancia. Un gatto con guantini di gomma darebbe nell’occhio molto più di un gatto che lasci impronte sul lardo altrui.
Si fosse detto “Tanto va la gatta al lardo che muore devastata dal colesterolo”, avrebbe avuto un senso. Ma lo zampino, suvvia. Poi arrivano l’uomo nero ed il babau, e le strappano la coda. E’ saggezza popolare o uno squallido plagio di una fiaba dei fratelli Grimm?
Buona l’idea, trito il precetto morale, deprecabile la realizzazione.
Voto: 5–
(si ringrazia Serena per lo spunto)
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