Un effetto collaterale neppure troppo originale della perdita di coscienza del momento attuale è che si tende a vivere nel futuro o nel passato, piuttosto che nel presente.
Le leggi fisiche, però, non collaborano: a meno di flussi canalizzatori, l’esperienza del passato e del presente è un elaborato artefatto della nostra mente. Quest’ultima, con poche e notevoli eccezioni, non è ad alta definizione; smussa, migliora, peggiora. Spesso migliora il passato e peggiora il futuro, ma non è una regola.
Volendo distinguere vari casi:
- quando si vive in un passato edulcorato, il presente è sempre troppo grigio. Non acquisirà il giusto colore – o, più probabilmente, colori di gran lunga troppo vivaci – che a distanza di anni. Ma a quel punto sarà già passato.
- quando si vive in un passato artificialmente peggiorato, le scelte del presente sono influenzate da fastidiosi condizionamenti. Per evitare il ripresentarsi del passato terribile si fugge in continuazione. Aggiungere con moderazione un pizzico di rimpianto per le occasioni perse, ottimo espediente per trasformare il presente di oggi nel pessimo passato di domani.
- quando si vive in un futuro spumeggiante, il confronto con il presente demoralizzante è piuttosto fastidioso. Soprattutto quando il futuro idealizzato cerca di incastrarsi sul presente e non ci riesce. Prepararsi ad una discreta dose di delusione gratuita: la torta non sarà mai buona come ci si aspettava. Ci si può consolare nella continua contemplazione del futuro perfetto, ma non è un passatempo né sano né economico.
- quando si vive aspettando con ansia un futuro opprimente, è difficile godere del presente. Sì, per ora va tutto bene, ma prima o poi…
Ottimo complemento per il passato edulcorato, per estensione.
YMMV.
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