Onnipotenza

La siepe che separa i sogni normali da quelli lucidi non è così alta. Da una parte del giardino si intravede l’altra.

Qualcosa sussurra alla coscienza che ciò che si sta vivendo non è reale, ma persi nel realismo onirico si ignorano gli indizi.

Da queste parti, un chiaro segno del sogno – nessuno scusi il bisticcio – è la possibilità di camminare, anzi gattonare, molto velocemente se si è raso terra. Non molto in accordo con le leggi della fisica: lì in basso la pressione dovrebbe essere maggiore, la temperatura più bassa, la densità elevata… e comunque, non di rado si sa che raso terra si cammina velocissimi ma non ci si riesce, oppressi da un notevole peso.

Altri segni? Centri commerciali, stazioni, auto fuori controllo (confondere il pedale del freno con l’acceleratore o lottare contro un pedale della frizione scivoloso dà sempre un certo gusto). Al lavoro, psicanalisti ed esperti del sogno! Qui c’è un sacco di materiale.

Il fatto che consciamente si ignorino gli indizi, mentre si sta vivendo il proprio film, non significa che li si ignorino anche inconsciamente.

Quando la situazione si fa troppo tragica ecco, infatti, che emerge una strana consapevolezza: se si immagina il problema risolto, se ci si proietta in un altro luogo, spesso funziona.

E’ così che ho recuperato il portafogli lasciato a casa, subito prima di imbarcarmi: l’ho immaginato nella borsa e semplicemente c’era. Ma come tornare alla nave prima che partisse? Semplice: essere già lì. E’ un attimo, no?

Suona meno strano di quanto dovrebbe. Solo dopo qualche tentativo di sfuggire alle proprie trame malate, ai conflitti che il sogno continua a proporre dopo ogni tentativo di dénouement, ci si sveglia. Accade quando si realizza che, insomma, di solito nella vita non funziona così: se dimentichi lo spazzolino da denti è finita, non basta un atto di volontà.

Pare.

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