Ti spiego qual è il problema: che tu non parli con me, ma con l’immagine che hai di me.
Ed è stato faticoso costruirla, perché hai dovuto raccogliere un sacco di informazioni. Via via che le informazioni arrivavano, si delineava il contorno: sempre più preciso.
Nel frattempo non stavo fermo. Non perché ci tenga a dar fastidio, ma perché nessuno sta veramente fermo così a lungo.
Ma il contorno si era già delineato, anche se l’immagine non era finita: dovendo aggiungere dettagli ad un ritratto appena abbozzato, uno che fa? Cerca di farlo in modo da mantenere un minimo di ordine ed equilibrio!
Non potevi mica aggiungere un nasone enorme, o un orecchio destro molto più grande del sinistro, o tre metri di lingua.
Così hai continuato a ritoccare, e l’immagine ha mantenuto una sua certa decenza. Bella non è: ma liscia e levigata, con tutte le sue cosine al posto giusto. E più la levighi, meno mi assomiglia.
Non sarebbe neppure un male, se di quando in quando io non cercassi di ricordarti che ho i canini appuntiti, e tu mi liquidassi dicendo che il tuo ritratto non ce li ha quindi non posso averli neppure io.
Non è poi così grave: sotto sotto, spero che non ti accorga mai che nell’immagine che hai di me lo sguardo è molto più intelligente dell’originale.
E comunque, io non so disegnare ed il tuo ritratto che ho appeso in testa ha narici enormi. Saperlo non mi impedisce di ridere quando lo guardo.
A guardar bene, ho già parlato di cose simili.
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