Una semplice riflessione, letta in giro come mille altre cose, mi ha colpito: quello che ci impedisce di memorizzare quantità ingenti di dati non è la carenza di spazio di memorizzazione (quello pare abbondare, all’interno della nostra modesta scatola cranica), ma un sistema efficiente per catalogare e soprattutto per recuperare le informazioni immagazzinate.
E’ abbastanza intuitivo (il che non lo rende giusto, attenzione, ma in certe sere ci si accontenta) che la capacità di memorizzazione del nostro cervello non abbia confini facilmente definibili. Non si tratta di un hard disk: l’informazione è organizzata in strutture molto complesse. Simboli, immagini, suoni, odori, percezioni tattili e sensazioni di ogni genere, collegate tra di loro da fili che probabilmente la natura ci ha insegnato a tessere quando la memoria era uno strumento primario di sopravvivenza.
Con il tempo il nostro modo di vivere è cambiato. Ora ci sono la Coca Cola, l’iPod e l’Aero-Hip-Cardio-Kick e noi abbiamo l’abitudine di provare a stipare dietro agli occhi enormi moli di dati astratti, di natura completamente diversa rispetto all’odore del cibo o al volto gentile di un bel rappresentante del sesso opposto.
C’è gente che l’ha notato, ed ha escogitato sistemi per archiviare informazioni ostiche in un formato più digeribile per il nostro cervello. Ve ne racconto uno, talmente semplice ed efficace che è un peccato non conoscerlo.
Poniamo che dobbiate memorizzare una lista di oggetti in sequenza. Oggetti senza nessun apprezzabile legame logico tra di loro, ovviamente.
Pensate ad un itinerario che vi capita spesso di percorrere. Da casa vostra al lavoro, ad esempio. Posizionate l’occhio della vostra mente (sì, proprio quello in grado di sfornare film erotici a basso costo o scene tragiche con voi come protagonisti o catastrofi augurate al vostro peggior nemico) all’inizio del tragitto, e lì visualizzate il primo oggetto della lista.
Perché quell’oggetto dovrebbe essere lì? Questo è l’unico punto realmente impegnativo del metodo. Trovate una ragione per posizionare quell’oggetto in quel punto del percorso e della vostra memoria fotografica. Più la ragione sarà comica, bizzarra, paradossale più sarà facile mettere in moto i meccanismi ancestrali della vostra materia grigia. Visualizzate colori, suoni, odori, oggetti in movimento che coinvolgano l’inizio del tragitto ed il primo oggetto della lista.
Ora siete pronti ad andare oltre. Non appena, nel percorso immaginato, giungerete ad un qualche altro punto di riferimento posizionate lì il secondo oggetto, e trovate una giustificazione della sua esistenza.
Fine.
Questa mattina sono uscito dal portone, e per poco non inciampavo in lunghissimo cane bassotto che si era posizionato proprio sul mio zerbino. Allontanandomi dal cane, ho raggiunto l’angolo della strada e l’ho trovato infestato di piccioni: qualcuno aveva rovesciato in terra del miglio e le bestie voraci lo stavano divorando. Lasciandomi alle spalle i piccioni sono passato davanti all’usuale fast-food etnico, ma un lampione proprio in mezzo al marciapiede ostruiva la strada. Il gestore era visibilmente preoccupato: quell’attrezzo bloccava l’ingresso ai clienti, e sembrava spuntato come un fungo durante la notte (ieri mattina non c’era, in effetti). Ho lasciato l’arabo alle prese con la rimozione del palo, e mi sono imbattuto in una curiosa novità nella solita gelateria. Scaffali e scaffali di libri con la copertina colorata: “Come fare il gelato”. Una gelateria che ti insegna a fare il gelato artigianale? Beh, dopotutto sui Pan di Stelle è sempre stata scritta la ricetta per farli a casa, ma si fa prima a comprarli… Ed eccomi arrivato all’ufficio postale. Parcheggiato tra due auto, un grosso pachiderma dipinto parzialmente di giallo con una striscia blu ed il logo “Poste Italiane”. Chiedo spiegazioni ad un postino, che si appresta ad iniziare il giro in moto; pare che adesso utilizzino gli elefanti per la posta ordinaria, in modo da invogliare il cliente ad usare la prioritaria.
Una storia assurda? Certamente, ma sono sicuro che già adesso ricordate senza problemi la sequenza cane, miglio, lampione, libro, elefante. La storia è strutturata in modo da essere facile da ricordare per me, ma vi renderete conto che le storie create da voi sono molto più efficaci perché infarcite dei particolari a cui di solito fate più caso.
Con questo giochino che sembra stupido ho mandato a memoria un paio di liste di venticinque nomi ciascuna nel giro di una decina di minuti per lista. Ed in questo stesso momento posso ripeterli senza difficoltà, nel verso di memorizzazione o al contrario (è sufficiente percorrere la strada del ritorno: provare per credere).
E, soprattutto, mi considero dotato di scarsa memoria ed è la prima volta che ci provo.
Ovviamente questo è uno dei sistemi più semplici ed alla portata di tutti, in giro per la rete troverete tantissimi riferimenti a siti che vi spiegano come potenziare la vostra memoria. I trucchi base sono sempre quelli: ardite associazioni di idee, visualizzazione, riferimento a strutture già consolidate nella memoria per espandere l’albero dei collegamenti.
Come spesso accade non è tanto interessante che il sistema funzioni, quanto il perché funzioni. A quanto pare lo sforzo creativo lascia tracce indelebili nei percorsi della nostra mente; il cervello, inoltre, è addestrato a dare maggiore peso agli elementi inusuali ed allo sforzo conscio ed inconscio necessario a ricollocarli nella loro giusta dimensione.
Limiti del sistema? Ovviamente non capita spesso di dover memorizzare lunghe liste di nomi. Più spesso ci troviamo di fronte a numeri di telefono, indirizzi, persone (i volti godono già di un hardware soggiacente molto raffinato, per fortuna, che rende agevole il riconoscimento), equazioni, procedure, sequenze di avvenimenti. Avrete già sviluppato delle tecniche ad hoc che vi aiutino, soprattutto se siete o siete già stati studenti.
Dal canto mio, spesso il dover memorizzare mi distoglie dal come memorizzare. E’ questo l’insegnamento duraturo della storiella scema: attenzione ad usare lo strumento adatto per il lavoro, e non il primo che capita sotto mano.
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