Da qualche anno sono solito nascondere i miei mantra all’interno delle mie password.
Non so se scavare nella mia memoria un profondo solco a base di sigle evocative porti da qualche parte. I maghi del caos (ce n’è di veri o presunti tali, non sto parlando dell’ennesimo romanzo fantasy) chiamano una tecnica analoga “sigillazione”, ma la utilizzano con modalità differenti.
Cercano di dimenticare volontariamente, io cerco di ripetere fino all’annullamento del significato. Lo scopo è simile: perdere coscienza del sigillo e depositarlo in uno strato profondo della coscienza.
Il fine ultimo è diverso, però: i caotici pretendono di cambiare il cosmo agendo su loro stessi, con considerazioni che forse potete immaginare sulla percezione e la natura del reale; io mi accontenterei di guadagnare qualche buona abitudine.
Nonostante l’idea di poter influenzare gli eventi con un mio stato mentale mi affascini, riesco a crederci solo per pochi minuti e con considerevole sforzo.
Peccato: è un gran bel gioco.
Non si scomodino i brute-forcer là fuori.
Sottopongo ogni mantra ad un discreto make-up prima di trasformarlo in password. Non credo che del significato originale rimanga più che qualche lettera.
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