I memi internettiani sono uno degli argomenti a distanza massima, qualunque sia la metrica, dalle conversazioni che possono scaturire intorno ad un tavolo imbandito durante le feste. Talmente distanti che spesso sono in difficoltà quando devo comunicarne uno persino all’interno della ristretta cerchia di conoscenti che vivono Internet, oltre ad averne sentito parlare.
Cosa c’è da comunicare? “Sai, ultimamente tutti producono parodie e parodie di parodie e parodie di parodie di parodie di inserire qualcosa!”. Quando va bene, come risposta ottieni “Eh eh” – sì, leggo nella mente: ad almeno uno dei miei dodici lettori è venuto in mente di lasciare fra i commenti “Eh eh”. Ma ora che l’ho scritto qui desisterà, per non essere tacciato di scarsa originalità. Capirai, in un blog con un nome simile…
Nel caso della testata di Zidane questo curioso fenomeno era balzato per qualche giorno alla ribalta, ed era facile rendere l’idea. E’ molto più difficile giustificare al profano i casi in cui l’inserire qualcosa di cui sopra è “All your base are belong to us” o “I’m in your X, Ying your Z“.
L’umorismo è una bestia strana. Rido per battute che altri non colgono neppure dopo che le ho spiegate, e non rido di aneddoti che fanno ridere loro di cuore. O meglio, rido lo stesso: poche cose mi indispongono quanto coloro che ti troncano la risata in gola con uno sguardo di sufficienza.
Sì, è comunque un orgasmo simulato, e spesso si vede; non sono un artista della risata simulata, nonostante quest’ultima sia un talento piuttosto diffuso. Forse le mascelle slogate dalla cortesia mi salveranno dal girone degli ipocriti poiché Belzebù si intenerisce, se gli racconti che era a fin di bene.
E’ difficile scegliere sul momento per cosa ridere e per cosa no, un po’ di elasticità è d’obbligo. Però si può imparare a sorridere, e col tempo forse anche a ridere, praticamente di qualsiasi cosa. Perché la risata è una, i pretesti sono infiniti.
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