Dalle nostre parti, chiamiamo handle (letteralmente maniglia) un riferimento a qualcosa, l’entità fantoccio che ci permette di agire su ciò a cui si riferisce.
La memoria sfrutta, consapevolmente o meno, delle maniglie: Pascoli è quello fissato con la morte, Leopardi quello dell’infinito ed Ungaretti si illumina di immenso. Due parole che si agganciano a catene di concetti: giusto per dare un nome a nubi di pensiero.
Gli individui ad m elevato e k basso (come me, per amor di precisione) collezionano, nella loro vita, un elevato numero di handle: corrono il rischio di soddisfarsi del numero, dimenticando che ad ogni handle corrisponde un contenuto informativo misero, e tendono a considerarsi esperti.
Considerazioni come queste contengono un numero di riferimenti a sproloqui precedenti ai limiti dell’onesto, ma ogni tanto si ha bisogno di riorganizzare le idee.
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