Viaggio

Stanco, sudato e sulla testa un sole che mi trasfoma la massa cerebrale in latte bollito troppo a lungo.
«Ci fermiamo qui», chiede, «oppure andiamo avanti per un’altro chilometro?»

So cosa voglio rispondere, ma il tono in cui me l’ha chiesto mi irrita. E’ quel tono di chi, in realtà, vuole intendere: «Se non ti senti in grado di tenere il mio ritmo prendi quella cazzo di bicicletta e tornatene a casa, dopotutto non ti ho chiesto io di seguirmi come un cagnolino, razza di cretino.»

«Proseguiamo!» urlo. Sembra incuriosito e offeso. Come se avesse il diritto di sentirsi offeso.

Mezz’ora di silenzio, poi ci fermiamo.

Sorride. «Un panino?»
Sto per accettarlo, ma poi noto i suoi occhi.
Sembra volermi dire: «Vedi? Io offro ciò che ho. Non mi pare che tu abbia fatto lo stesso la volta scorsa.»
«Sì, ma la volta scorsa io ho portato la tua bicicletta per ore» vorrei rispondere, ma riesco a produrre solo uno stentato «No, grazie, ho quelli che mi ha preparato la mia bella.»

«Un po’ d’acqua fresca, allora?»
Sono al limite della sopportazione. Non si beve acqua fresca quando si è sudati, lo sa chiunque. Tenta sempre di impormi le sue ridicole regole di vita. Lo fa da anni. Al liceo, quando chiedevo di copiare i suoi compiti perché non avevo avuto tempo di studiare, rispondeva: «Ecco qui, ma ogni tanto potresti anche farli…» e mentalmente aggiungeva «…coglione.»

E’ troppo. Cretino, egoista e coglione nella stessa giornata non lo accetto neppure da un presunto amico.
Ho urlato qualcosa, ho girato la bici e non l’ho più rivisto. E’ probabile che si sia impiccato con la sua supponenza.
Senza una guida come me, da quel posto non si esce. Meglio così, non stava zitto un attimo.

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